La luce si frange in rivoli per decomporsi in ambiente. Si frammenta come si frammenta il tempo, passa come si frammentano le immagini nei nostri occhi. Si frammenta come epoca di sovrabbondanza, luci veloci ci invadono, opere percepite col filtro di uno schermo in piccole dimensioni, raramente vissute dopo un viaggio, quasi mai inglobate in un esperienza, perlopiù masticate e digerite senza sentirne il sapore. Si frammenta e si dispone, si disperde a tratti, si proietta nell’ambiente animandolo. E tuttavia anche epoca bislacca di solitudini e delicate insicurezze che si frange come luce e genera ambienti. Si frammenta in piccoli punti luce come stelle artificiali di un tempo lento e forse immemore, illogico nel suo scorrere, fermo mostrando un luogo fermo, fermo su un pianeta che si muove come si muoverebbe la luce se solo fosse sole. Epoca dicevo, ci si ferma, si pensa, si dimentica il punto di partenza per soffermarsi sulla decostruzione, ogni singola parte genera il tutto, tutto è necessario, niente insostituibile, tutto è abitato come suono, tutto è composto da parti. Al contempo sorseggiamo un sorso di un brindisi appena fatto, nel mentre un augurio di felice vita e carriera, nel frattempo un sorso di speranza, salute, soldi, amore. Piccoli puntini visti da piccoli puntini lontani anni luce. Lo zoom ci proietta sul mappamondo velocemente, ora formiche, ora punti, ora più niente, ora lo spazio di luce. Si frammenta e si frange perché si de-costruisce per potersi costituire a nuova vita, come le cose percepite insieme e velocemente non capite, necessario catturarle nell’impossibile desiderio di vederle ricostruire l’insieme ormai distrutto, l’insieme invisibile. Come quella nostra relazione frantumata in rivoli de-costruiti e mai com-presi, o come la nostra giornata scandita da frammenti di punti luce. Si frammenta la luce e si ricostruisce col nome opera, dimensione ambientale, non c’è dimensione, non c’è durata, non c’è sostanza, sogno e pensiero che non sormontano l’eterea delicatezza dell’essere vivi.