Alessandro Scarabello, I Still Paint (Recent Works 2017 – 2019), installation view at The Gallery Apart (ground floor), photo by Giorgio Benni

Osservando le opere di Pietro Ruffo, il fruitore sembra quasi invitato a cimentarsi nella prassi archeologica, alla ricerca di testimonianze e simboli. Il corpus di opere dell’artista è composto prevalentemente da composizioni figurative di mappe geografiche e celesti realizzate con i più differenti media; ritagli di carta e spilli, ceramica, porcellana o pittura. Le mappe, sia queste terrestri che celesti, vengono solitamente riprese da materiale d’archivio e caratterizzate dalla compresenza di paesaggi naturali e forme umane. I disegni, desunti dal lavoro di cartografi o scaturiti dalla penna dell’artista, contrapposti ad un alfabeto di simboli mitologici, ci guidano in un viaggio visivo nel presente. Questi lavori sono spesso connotati da un’analisi storica e politica dei recenti avvenimenti, di cui fanno offrire una lettura poetica. L’interesse verso tematiche, quali gli ultimi scontri rivoluzionari o gli attuali eventi sociopolitici, sembra nascere da quella forza propulsiva che solo i grandi racconti sanno generare, e capace di unire i popoli per conseguire un obiettivo comune. Alla ricerca di simboli e testimonianze, con l’arte di Pietro Ruffo, capiamo quella che è l’unicità dell’essere umani.
La sovrapposizione nell’opera di Alessandro Scarabello, non è plasticamente visiva come nel lavoro di Pietro Ruffo. In questo caso l’artista propone una sovrapposizione tra gli stili degli antichi maestri quali, tra gli altri, Rosso Fiorentino, Goya, Tintoretto, e i grandi artisti del secolo scorso, primo tra tutti Bacon. La pittura diventa così un ambito di continua ricerca di soluzioni nuove ed innovative, in grado di analizzare i suoi stessi mezzi. Ripiegandosi su sé stessa in un soliloquio silenzioso, vengono indagate quelle forze generatrici che consentono al pittore di tradurre in immagine, le forme che concepisce con la propria fantasia, precedendo l’atto stesso della pittura. Da questo soliloquio ne esce però un monito importante, una testimonianza di tentativi di resistenza a quelli che sono i meccanismi del consenso, di un estetismo patinato e rassicurante, la creazione di un luogo defilato al riparo dalle contaminazione del mondo.
Entrambi artisti romani hanno presentato, in due mostre inaugurate lo scorso inverno (Vedi Pietro Ruffo – Lorcan O’Neill e Alessandro Scarabello – The Gallery Apart), opere che tentano di fornirci degli strumenti interpretativi di carattere critico-militante, per comprendere la realtà che ci circonda, minacciata da un appiattimento sempre più pressante della società contemporanea. Lavori lenti e stratificati, quelli dei due artisti romani, spesso caratterizzati da una certa vena grottesca — esplicitata sia attraverso forme fantastiche, che attraverso simboli prelevati dai più svariati ambiti culturali — che cercano di indagare il tema della libertà. Una libertà intesa, da Pietro Ruffo, come dignità e libertà di agire dell’individuo, costantemente minacciato dalla massificazione in atto nella nostra società, mentre da Alessandro Scarabello come autonomia del linguaggio artistico rispetto a quello verbale.

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