Carola Bonfili. Le ninfe del tempo. Testo di Carla Subrizi

Un viaggio tra reperti e immaginari del futuro: questo il paesaggio che Carola Bonfili ci propone con la sua mostra Polia. L’archeologia e la visionarietà si incontrano.
All’inizio del XXI secolo una delle questioni nodali per capire a cosa si rivolga la sensibilità contemporanea riguarda il tempo. Se lo spazio è quello di territori precari, tra i quali flussi di persone si muovono in cerca di un luogo e di un possibile radicamento, domandarsi in che tempo siamo e quali aspetti possano aiutare a rispondere in qualche modo, diventa ugualmente molto importante. Il tempo come anamnesi, come infraspazio psichico che si muove tra sogno, memoria, attese. Di quale tempo si tratta?
Il tempo non è qui inteso come il tempo monumentale delle epoche, dei decenni, delle svolte o delle rotture, non come il tempo che uniforma le differenze, che assorbe i dettagli, che colma le lacune in una dimensione della storia sempre sovrastrutturale. Non è finita la modernità con il postmoderno: diciamo che queste forme di definizione si sono rivelate ad un certo punto semplicemente inadeguate. Più storie, da diverse parti del mondo, ignorate per secoli di quasi indiscusso dominio del pensiero occidentale, hanno fatto capire che in tante parti del mondo una modernità forse non c’era mai stata o non c’è ancora stata. Tali acquisizioni, seppur in parte già più volte emerse, hanno messo radicalmente in questione le certezze e hanno determinato un’altra percezione del tempo che Emmanuel Lévinas già nell’immediato secondo dopoguerra aveva intuito e chiamato il tempo e l’altro.
Quelle di Carola Bonfili sono opere che ci aiutano a pensare il tempo. L’anacronismo è una chiave del suo lavoro. Muovendosi tra reperti di un passato non si sa di quale epoca o immaginando che sempre quei reperti siano frammenti caduti da una galassia che ancora non conosciamo, restiamo profondamente colpiti dal non riuscire immediatamente a capire. Man mano che il percorso tra gli oggetti e le immagini continua, lo scenario diventa ancora più enigmatico. Il dettaglio ci accoglie e sposta la visione in un gioco di rimandi e derive. Le teste bifronti delle ninfe moltiplicano lo sguardo e se proviamo a identificarci in una di esse, anche il nostro modo di vedere sperimenta il paradosso dell’essere duplice: si ritrova a vedere avanti e dietro e in questo modo anche l’allegoria di uno sguardo indietro (nel tempo) e uno in avanti sul presente-futuro coincidono. Le ninfe ci accolgono in questo cortocircuito di sguardi molteplici e di temporalità sospese.
Seppur simulino antiche sculture, nel formato delle sole teste, questi primi tre oggetti che invitano il visitatore a una prima piroetta in tutte le direzioni possibili, sono teste che nella somiglianza e identità assoluta (tra di esse) restituiscono da una parte la fermezza della pietra (come fossero pietra) e con essa la seduzione di un passato da trovare o da ricordare, dall’altra, nella ritmica variazione dell’essere tre (il numero perfetto), rendono instabile la prima percezione. Stabilità e movimento, fermezza e dinamismo della visione: questi sono i primi indizi del viaggio che Carola Bonfili ci invita a compiere.
Le maschere/ninfe diventano la nostra guida per un viaggio immaginario anche se, ben presto, incontriamo i pezzi reali o i dettagli di quello che è avvenuto.
Grossi frammenti (body/heads) tenuti insieme, ma non sempre, da corde spesse giacciono a terra. In realtà le corde tengono ma potrebbero anche funzionare da tiranti per spostare quei “corpi”, ridotti a pezzi, altrove. Il tempo qui è fermo. Ci muoviamo in un’archeologia del presente: misura anacronistica di una discontinuità che riconosciamo come già percepita: le teste/maschere, i documenti, i frammenti…
La narrazione stenta a ricostruirsi: cogliamo solo dettagli, minimi indizi, tracce difficilmente riconducibili a ciò che potrebbe averle lasciate. Il tempo non è lineare e neanche il racconto: come in un warburghiano Atlas Carola Bonfili monta dinanzi allo sguardo del visitatore che si muove tra tali reperti, temporalità differenti, attese e memoria. Il tempo rinuncia alla dimensione della storia che cerca le cause e gli effetti e diventa quello della memoria, del ricordo e soprattutto del sogno.
Nel libro Hypnerotomachia Poliphili (1499), è descritto il sogno erotico del suo protagonista, Polifilo. Si tratta di un viaggio iniziatico alla ricerca della donna amata, metafora di una trasformazione interiore alla ricerca dell’amore ideale. Ecco che Carola riparte da questo sogno ma lo rovescia. Trasforma la ricerca di Polifilo nella ricerca fatta invece dalle tre ninfe che cercano l’amore che per loro è desiderio di conoscere, di sapere, di svelare il non conosciuto.
Camminano tra boschi disfatti e alberi caduti, si muovono su strade facili e strade difficili, girano in tondo tenendosi per mano, fanno prova del loro corpo nudo alla ricerca di un abbraccio molteplice, cantano, danzano, disegnano sulla roccia per aprire su di essa un possibile varco.
Questo percorso che potremmo definire iniziatico si svolge come una lunga ricerca, una perlustrazione di luoghi oscuri, l’avventura in paesaggi senza tempo. Il tempo non scandisce il passare di fasi di ricerca forse vana perché Polia -nel libro originario- è una donna grigia e vecchia, forse già morta (come ci ricordava Giorgio Agamben in un suo saggio dei primi anni Ottanta). Polia, la donna desiderata, qui diviene invece allegoria del sogno, dell’ambiguità di un percorso tra veglia e sonno, tra immaginazione e ricordo. La storia di Polifilo qui si inverte, al femminile.
Il tempo si rivela lentamente come uno spazio psichico, dove l’andare indietro non è che uno sprofondamento in un modo interiore, nel quale più strati di ricordi, accadimenti, fatti (esperienze, avvenimenti, traumi) impediscono la visione in rettilineo e richiedono invece uno sguardo deviante, capace di insinuarsi, di passare attraverso.
Polia, il video che assorbe il visitatore ad un certo punto, interrompe così ancora una volta la prospettiva temporale e svolge sul piano orizzontale del tempo, trasversalmente, i quattro episodi concentrici del racconto. Tra esterni e interni si costruisce uno spazio psichico e immaginario, la cui scoperta è accompagnata dalla colonna sonora di Francesco Fonassi.
Il sogno prende forma e rovescia ancora la dimensione del tempo. Gli alberi caduti non sono un ostacolo per le ninfe che si muovono decise anche tra infiniti impedimenti. Da un esterno montano, nella prima scena, nel quale le ninfe si muovono, si arriva (nel secondo episodio) a un edificio che come un lungo tunnel permette di vedere la luce soltanto dalla sua porta d’uscita, poi (nella terza parte) l’inabissamento in un’atmosfera cupa ma di colore rosso nella quale le tre ninfe si sono spogliate e si muovono a terra alla ricerca di un contatto fisico, quindi l’uscita nuovamente all’esterno e il tentativo di disegnare un’apertura, un varco, sulla parete rocciosa: questi i quattro tempi del sogno nel video.
Tre paesaggi miniaturizzati e che richiedono una visione a vol d’oiseau, una panoramica dall’altro di chi guarda, restituiscono, alla fine di questo viaggio, una visione d’insieme, una specie di sintesi in cui potremmo riconoscerci in una delle pieghe che si formano ai lati di strade facili e difficili ma il cui attraversamento porta comunque a un’indagine su più livelli: psichici, mentali, fisici, culturali, oltreché spaziali e temporali.
Artificio questo della moltiplicazione attraverso i dettagli dispersi nello spazio-tempo del quale ci rende abitanti, che Carola Bonfili non smette di usare e che rende il suo lavoro una infinita moltiplicazione di immaginari senza confini.
Polia, questo lungo percorso tra immagini emerse o riemerse da non si sa quale inedito paesaggio mentale, ci indica che si vive nella simultaneità di temporalità differenti per essere coscienti delle quali la visione lineare sia del racconto che della storia devono lasciare nuovo spazio alla memoria. Il tempo del quale Carola Bonfili ci fa fare esperienza è così, in uno stesso “tempo”, il tempo delle tre ninfe, delle tre Grazie, di Gradiva, di Amore e Psiche, del passato, del presente in uno sfaccettato labirinto di incontri e punti di partenza per altre storie possibili.

Carla Subrizi (15 aprile 2019)

Immagini della mostra

Polia
Carola Bonfili in collaborazione con Francesco Fonassi
a cura di Carla Subrizi
15.4 – 26.7.2019

Fondazione Barruchello Roma